“Soppresso, in ottemperanza alle leggi napoleoniche, il Convento dei
Carmelitani, i frati dovettero abbandonare il Carmine nel maggio 1810:
Chiesa e convento divenivano proprietà del Demanio, che poteva anche
demolirli, come fu fattoadesempioper labellissima chiesadi Sant’Agostino
e per l’annesso convento domenicano. Fortunatamente il vescovomons.
Dondi Dall’Orologio e il conteMaldura, capofabbricere di S. Giacomo,
ottennero la permuta delle due chiese: al demanio venne ceduta l’antichis-
sima,mapiuttostopiccola, chiesadi S.Giacomoe la sedeparrocchialepassò
al Carmine, più vasta e tanto venerata dalla Città. Il trasferimento della
Parrocchia da S. Giacomo a SantaMaria del Carmine ebbe luogo la do-
menica21ottobre1810. Pressoa che tutta laparrocchiapartecipòalla com-
movente traslazione del Ss. Sacramento da S. Giacomo al Carmine: una
grande iscrizione, sita a destra della PortaMaggiore della Chiesa, ricorda
l’avvenimento…”. (Cesira Gasparotto, S. Maria del Carmine in Padova,
pag. 361).
Il 1810 dunque è l’anno di nascita della Parrocchia del Carmine,ma in
realtà si è trattatodi una rinascita, unpo’ come l’araba fenicedella leggenda,
che riprendeva vitadalle sue ceneri: nuovo titolo, nuova chiesa (quella vec-
chia di S. Giacomo sarà di lì a poco distrutta), nuova parrocchia eretta ca-
nonicamente…ma con lo stessoparrocodi prima, con la stessagente, nello
stesso territorio.Ancheper labasilicadelCarmine si trattòdi una rinascita:
una volta andati via i frati, avrebbe rischiato l’abbattimentoo l’abbandono
(come capitò ad altre chiese conventuali di Padova); la parrocchia la salvò,
permettendole di continuare la propria funzione di polo di attrazione cit-
tadinoper ladevozione aMaria, integrandovi però tutti gli aspetti legati alla
vitadi una comunità cristiana concreta emoltoattiva, lapiùgrossa–allora
come oggi – fra le parrocchie entro lemura.
Certamente la differenza fra ieri ed oggi è abissale, tanto da nonpotersi
fare confronto. Per tutto il secoloXIXe fino agli anni ’50del ’900 il terri-
torio parrocchiale del Carmine fu composto per lamaggior parte da “bor-
ghi”, case e casette addossate l’una all’altra attorno ad una strada, ad un
vicolo, ad una piazza costituendo unmicrocosmo, una piccola comunità
dove i nuovi arrivati –mai in numero esorbitante – si integravano con i
vecchi residenti e un po’ alla volta venivano assorbiti nella vita del luogo,
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Introduzione