Domenica 23 febbraio 2020
nella prima lettura (Levitico 19,1-2.7-8) Dio si rivolge al suo popolo dicendo: "Siate santi perché io, il Signore vostro Dio, sono santo". Il termine santo significa separato ed indica la persona stessa di Dio che si pone al di là di ogni nostra immaginazione, da un'altra parte rispetto a noi, in una dimensione totalmente diversa dalla nostra. Eppure Egli ci dice che anche noi possiamo essere santi nella misura in cui ci sforziamo di stare dalla sua parte, di realizzare nella nostra vita un po' della sua santità, quel poco (tanto in realtà, ma quasi niente rispetto alla sua immensità) che Egli ha rivelato di sé nelle Sacre Scritture. E allora essere santi significherà sforzarsi di assomigliare a quegli aspetti di Dio che noi troviamo nei Testi Sacri, dove emerge la Sua caratteristica più importante, cioè l'amore. E se Dio è amore, allora se vogliamo assomigliarli non dovremmo odiare nessuno né serbare rancore, ma anzi fare il contrario: "Amerai il tuo prossimo come te stesso", cioè realizzerai nei confronti di chiunque ti sarà vicino (prossimo significa vicino) - dai tuoi cari alle persone che incontri anche una sola volta nella vita - lo stesso amore che Dio ha per tutti. Nella seconda lettura (1Corinzi 3,16-23) san Paolo ci ricorda che essere santi significa avere la consapevolezza di essere il tempio di Dio, dove lo Spirito Santo dimora abitualmente. E' un'immagine molto suggestiva: ognuno di noi è la casa stessa di Dio, da cui Egli irradia - attraverso le nostre parole, le nostre mani, il nostro cuore - tutto il suo amore. Una preghiera medioevale dice: "Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini per i suoi sentieri...". Chi sa di essere il tempio dello Spirito Santo non può che vivere unito a Cristo in modo da renderlo presente nella vita di tutti i giorni, diventando una piccola luce che rischiara il cammino di tutti quelli che incontra: è una grande responsabilità, ma anche la cosa più bella che un credente possa fare. E così arriviamo al Vangelo (Matteo 5,38-48) dove Gesù descrive la santità come un andare oltre il nostro comune modo di pensare, proprio perché si tratta di imitare l'agire di Dio, che è sempre al di là di ogni nostra immaginazione: Egli è colui che in Gesù ha donato la vita a tutti, nessuno escluso, quindi il santo, chi sa di essere la dimora dello Spirito Santo, dovrà essere capace di un amore esagerato, un amore difficile da immaginare, come quello di chi riceve uno schiaffo e anziché reagire di conseguenza (restituendo lo schiaffo, magari anche due, a chi glielo ha appena dato) porge l'altra guancia; di chi non risponde alla violenza con altrettanta violenza, ma col sacrificio di sé; di chi aiuta chi ha bisogno in maniera ben superiore al necessario. In quest'ottica l'amore va esteso anche a chi non ci ama e magari ci è anche nemico, perché noi siamo i santi, quelli che stanno dalla parte di Dio che irradia la sua benevolenza su tutti, buoni o cattivi che siano. "Ma chi me lo fa fare?" viene da dire. Eppure pensiamoci bene: se tutti facessero così, la santità sarebbe la normalità della vita, sarebbe il paradiso in terra. Ma il paradiso è da un'altra parte; chi però cerca di stare dalla parte di Dio è uno che ogni giorno con le sue parole e le sue azioni si sforza di piantare un piccolo seme di paradiso su questa terra. Pace e bene a tutti.
Al pozzo del cuore di Dio: intenzioni raccolte in chiesa, consegnate alle Suore Elisabettine per la preghiera personale e comunitaria; Rosario chiesa di S. Giuseppe (via Vendramini) I sabato del mese ore 9,30.