Domenica 2 febbraio 2020
oggi celebriamo la festa delle Presentazione del Signore, che conclude definitivamente il periodo natalizio. Si ricorda che ogni mamma ebraica dopo quaranta giorni dalla nascita del primogenito doveva recarsi al tempio per offrire un sacrificio per la propria purificazione, presentando il figlio all'altare perché la legge mosaica prescriveva che tutti i primogeniti fossero sacri al Signore, cioè appartenenti a Lui; il sacerdote di turno accoglieva il bambino nelle sue braccia e lo restituiva ai genitori in cambio di un riscatto, cioè degli animali da offrire in sacrificio al Signore. Questa festa viene tradizionalmente chiamata candelora perché la celebrazione principale della giornata viene preceduta da una breve processione con le candele accese per ricordarci che la vita è un cammino, e si può procedere sicuri solo se illuminati da Gesù, la "luce per illuminare le genti", luce che non tramonta mai. Questa festa ci parla soprattutto del tempo, perché mette insieme passato, presente e futuro in un'unica, grande visione. Il passato sono i due vecchi Simeone ed Anna, persone chiaramente sul finire dei loro anni la cui vita era ormai un passato vissuto al meglio, pieno di preghiera e di opere buone; e anche la loro fede proveniva dal passato, dalle antiche profezie di cui è piena la Sacra Scrittura: esse preannunciavano la venuta del Messia, l'inviato di Dio che avrebbe guidato il popolo di Israele verso nuovi orizzonti. E' il caso della prima lettura (Malachia 3,1-4) dove il profeta Malachia descrive questo inviato come un messaggero di Dio che verrà a riportare l'umanità sulle vie di Dio . Non a caso il Vangelo Luca (2,22-40) dice di Simeone che "aspettava la consolazione di Israele" proprio basandosi su questa ed altre profezie. Il presente è quella piccola, modesta famigliola dove la madre offre per la sua purificazione il sacrificio dei poveri, una coppia di tortore o colombe. Eppure il vecchio Simeone a contatto con quella realtà così apparentemente piccola ed insignificante sente che al suo interno c'è una potenza inimmaginabile, la forza stessa di Dio che diventa luce per tutta l'umanità: e così l'uomo del passato, grazie alla sua fede, apre con le sue
Questa festa tiene insieme passato e presente e futuro anche in un altro modo, perché noi stessi siamo così: la nostra fede viene dal passato, da oltre 2000 anni di storia, e ci è stata comunicata da altri - genitori, catechiste, preti, suore, nonni ... - che sono venuti prima di noi e che come noi l'hanno ricevuta da quelli che li hanno preceduti. Ma questa fede diventa nostra nel presente, giorno per giorno, nella misura in cui sa dare impulso alla nostra vita, cioè nella misura in cui riusciamo a testimoniarla in atti d'amore concreti verso il nostro prossimo perché "chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Giovanni 4,20). E questa fede - venuta dal passato e vissuta nel presente attraverso l'amore al prossimo - si protende verso il futuro diventando speranza. E la speranza è appunto la capacità di camminare nella vita vedendo sempre davanti a sé un po' di luce che ci illumina il cammino e ci spinge a metterci ancora e ancora in movimento con intelligenza, creatività e cuore, per rendere migliore il futuro nostro e di chi verrà dopo di noi e soprattutto prepararci al lancio in quell'orizzonte dove la luce non sarà più solo "un po'", ma si fonderà con lo splendore di Dio, che sarà tutto in tutti. Pace e bene a tutti.
Al pozzo del cuore di Dio: intenzioni raccolte in chiesa, consegnate alle Suore Elisabettine per la preghiera personale e comunitaria; Rosario chiesa di S. Giuseppe (via Vendramini) I sabato del mese ore 9,30.
Sabato 15 febbraio alle ore 20,00 nella Sala Parrocchiale si tiene la "cena di carnevale" per le famiglie del catechismo.