Domenica 10 novembre 2019
la seconda lettura di oggi (2Tessalonicesi 2,16-3,5) dice che Gesù ci ha dato "una consolazione eterna e una buona speranza". Cosa vuol dire consolazione? Cito le parole del mio vocabolario, che non potrebbero essere più appropriate: "Consolare significa sollevare qualcuno da uno stato di afflizione, alleviando con le proprie parole il suo dolore". Pensiamoci bene: che cosa ci affligge di più? Di che cosa abbiamo più paura? Mi sembra chiaro: di quell'ultimo istante della nostra vita di cui ci sfugge completamente il controllo, quell'ultimo istante che ci getta nelle tenebre del mistero più fitto; quest'ultimo istante si chiama morte. Gesù ci ha dato una consolazione eterna, cioè si è rivolto a noi con la "parola" della sua morte e risurrezione liberandoci dalla paura per dirci che quell'ultimo istante della nostra vita coincide con il primo di una vita che è ancora nostra, ma che si inserisce nella vita stessa di Dio, infinita ed eterna. E' questa la nostra speranza, e sperare significa andare avanti con fiducia, tenendo fissi gli occhi su quella luce che - anche quando l'esistenza si fa dura, anche quando tutto sembra finire - ci guida nel cammino della vita illuminando di vita perfino le tenebre della morte. In una parola: in Cristo risorto tutti siamo destinati alla risurrezione e alla vita eterna. La prima lettura (1Maccabei 7,1-2.9-14) è la testimonianza che questa fede nella risurrezione era già presente nel popolo ebraico. Il brano è una storia di martirio, cioè di testimonianza fino alla morte, dove sette fratelli - durante l'occupazione siriaca della Giudea nella prima metà del II secolo a.C. - scelgono di morire piuttosto che rinunciare alla propria fede, e lo fanno a motivo della speranza nella risurrezione: "Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell'universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna". Eppure ai tempi di Gesù c'era ancora qualcuno che non ci credeva: il movimento religioso dei sadducei, che nel vangelo (Luca 20, 27-38) attaccano Gesù proprio su questo punto, con la storiella di quella donna sposatasi senza avere figli con sette fratelli, tutti morti prima di lei. Per capire bene bisogna tener conto di quella norma della legislazione ebraica secondo cui se una donna diventava vedova senza avere partorito, uno dei fratelli del marito defunto doveva prenderla in moglie. E se era già sposto? Niente paura, perché anticamente nel popolo ebraico un uomo poteva avere più mogli, anche se al tempo di Gesù l'usanza era ormai tramontata. La conclusione è ovvia: se c'è la risurrezione, di chi sarà moglie questa donna dopo la morte? Per dire che la risurrezione è impossibile, è assurdo dolo pensarci. Ma Gesù la mette sotto un altro piano: la vita dopo la morte è vita, certo, ma una vita che ti proietta in una dimensione totalmente diversa, quella dell'eternità dove lo spazio e il tempo spariscono per cedere il posto ad una Realtà che saremo in grado di capire solo quando ci immergeremo in essa. Pace e bene a tutti.
Parrocchia del Carmine
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“Al pozzo del cuore di Dio”: intenzioni raccolte in chiesa, consegnate alle Suore Elisabettine per la preghiera personale e comunitaria; Rosario chiesa di S. Giuseppe (via Vendramini) I sabato del mese ore 9,30.