Domenica 6 ottobre 2019
nella prima lettura di oggi il profeta Abacuc (1,2-3.2,2-4) rivolge al Signore quelle domande che probabilmente molti di noi gli hanno indirizzato qualche volta nella vita, soprattutto quando sembra che il male - sotto forma di violenza, di inganno, di malattia, di ingiustizia etc. - prevalga sul bene. "Perché taci? Perché non fai niente? Perché stai a guardare il dolore innocente e non intervieni?". A queste domande il Signore risponde in un modo che sembra lasciarci un po' a bocca asciutta: "Ecco, soccombe colui che non ha l'animo retto, ma il giusto vivrà per la sua fede". A chi gli chiede di intervenire qui ed ora, Dio risponde ponendo la questione su un piano completamente diverso, quello della fede: ci invita a non disperare, ad affidarci a Lui, a non dubitare della sua capacità di dare vita. Insomma: senza fede non si vive, chi non ce l'ha (colui che non ha l'animo retto) è già come morto. Nel Vangelo (Luca 17,5-10) Gesù approfondisce il discorso: gli apostoli gli chiedono di accrescere la loro fede, ed è una domanda in partenza sbagliata perché la fede non si pesa a etti e a chili, non si misura in quantità, ma in intensità e forza, e allora capiamo l'esempio del granello di senape, che è un seme piccolissimo eppure racchiude in sé la stessa forza che hanno quelli più grandi. Più la fede è intensa, forte, concentrata, più è in grado di fare miracoli, cioè cose che sembrano umanamente impossibili (di qui l'esempio dell'albero sradicato), e vi invito a leggere la biografia di qualche santo per averne gli esempi. Ma è nella vita quotidiana che la fede, se è intensa, produce frutti che hanno del miracoloso: il perdono anche quando è talmente difficile da sembrare impossibile; la rettitudine anche quando avresti la possibilità di agire in modo disonesto; la serenità anche nei momenti di forte inquietudine etc. E nella consapevolezza che tutto questo non è semplicemente frutto di un nostro sforzo umano, ma soprattutto dono di Dio che ci cammina accanto e ci fa sentire la sua presenza. La fede allora è anche la coscienza che è necessario affidarsi a Dio, perché da soli non siamo capaci: questo è il significato profondo della breve parabola che narra di quei servi che tornati a casa dopo una giornata di lavoro non vengono ringraziati dal padrone, ma anzi ricevono altri ordini per la serata. Ognuno di noi è un essere libero e responsabile, ma se abbiamo fede dobbiamo renderci conto che non siamo capaci di fare tutto da soli, per cui abbiamo bisogno costantemente di affidarci a Dio che conosce le nostre necessità. La frase finale sui servi inutili è piuttosto difficile da comprendere: gli ordini di Dio sono i suoi comandamenti, e per il credente osservarli è un dovere, non un merito, e quindi non dobbiamo aspettarci un grazie da parte sua, per avere semplicemente fatto il nostro dovere; il grazie si dà per cose che vanno oltre il dovere, per le dimostrazioni di generosità, per un aiuto ricevuto, per un consiglio disinteressato e così via... E' per questo che alla fine dovremmo dire: "Siamo servi inutili, abbiamo fatto quello che dovevamo fare". Ma quell'espressione servi inutili è un controsenso, perché essere utili significa servire a qualcosa: un servo che non serve a niente (cioè è inutile) non è neanche un servo, dal momento che non esiste un servo che non serve. Ma se non è un servo, allora è qualcos'altro, e qui vi lascio con qualche domanda: forse che Gesù non ci voleva dire con un'espressione enigmatica e paradossale (servi inutili) che in realtà noi non siamo servi, ma figli amati che mettono in pratica i comandamenti perché sanno che il Padre li ha dati per il loro bene? Ancora di più: forse che con questa espressione Gesù non ci invita ad affidarci a Lui con la stessa fiducia che ha un figlio verso i genitori che lo amano e non con l'obbedienza cieca di un servo nei confronti del suo padrone? La risposta a voi, tenendo conto che la fede è affidamento. e ci si affida più volentieri a chi ci ama. Pace e bene a tutti.
“Al pozzo del cuore di Dio”: intenzioni raccolte in chiesa, consegnate alle Suore Elisabettine per la preghiera personale e comunitaria; Rosario chiesa di S. Giuseppe (via Vendramini) I sabato del mese ore 9,30.