Orari S. Messe

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Foglietto parrocchiale

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Domenica 29 marzo 2020

 

Parola vivente - Le letture della domenica

 

Dal libro del profeta Ezechiele

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.

 

Salmo Responsoriale (n.129)

R. Il Signore * è bontà e misericordia.

Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica.R.

Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore. R.

Io spero nel Signore. Spera l’anima mia, attendo la sua parola. L’anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all’aurora. R.

Più che le sentinelle l’aurora, Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande con lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. R.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo e in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio

 

Dal vangelo secondo Giovanni (seduti)

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?» Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolare per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si getto ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato con qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se cre-derai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Carissimi fratelli e sorelle,
 le letture di oggi ci parlano di vita, cioè del dono più grande che ci è stato fatto, talmente grande da coincidere con il nostro essere in questo mondo .Della preziosità della vita ci rendiamo conto più che mai in questi giorni, quando siamo costretti a difenderci dalla minaccia - cui purtroppo molti soccombono - che la sta mettendo a serio rischio. Solo qualche mese fa non avremmo mai pensato di camminare (solo quando per necessità dobbiamo uscire) per le strade quasi vuote con una mascherina che ci copre la faccia e magari anche guanti di gomma per maggior prudenza, né di essere costretti a rinchiuderci nelle nostre case per proteggerci dall'epidemia, o meglio per proteggere la nostra vita, il nostro essere qui e ora; e non lo facciamo solo per noi stessi, ma anche per i nostri cari, per quelli che amiamo e che ci amano, ma anche per la società in cui viviamo, che per oltrepassare questa fase critica richiede anche il nostro impegno personale nell'evitare tutti quei comportamenti che potrebbero favorire il contagio. E' una nuova forma di solidarietà, dove proprio per preservare l'integrità della vita stessa siamo costretti a rinunciare ad una parte integrante della vita stessa. Perché la vita è fatta anche di rapporti sociali, di incontri per strada senza la paura di avvicinarsi troppo, di volti che sorridono senza che ci sia il bisogno di individuare il sorriso sotto la mascherina, di pacche sulla spalla, di strette di mano, di abbracci... Ma tutto questo lo abbiamo sospeso per salvaguardare quel bene più grande nella speranza di riprenderlo magari vedendolo in una nuova luce, come un bene prezioso da coltivare con cura ed attenzione. Intanto difendiamo la vita perché amiamo la vita, la amiamo a tal punto che non ci basta mai: fin da quando l'umanità esiste si è fatta avanti - in modi diversi a seconda dei luoghi, dei tempi e delle culture - questa sete di vita che si è espressa nella percezione che ci sia un Oltre dove questa vita possa espandersi al di là del suo termine naturale, in una dimensione che non ci appartiene, ma a cui ci sentiamo chiamati. Le lettura di questa domenica ci parlano proprio di questo, a cominciare dalla prima (Ezechiele 37,12-14) dove per bocca del profeta Ezechiele Dio ci rassicura che la morte non avrà l'ultima parola perché il suo Spirito ci farà risorgere, e conclude con una frase che assomiglia tanto ad un giuramento: "L'ho detto e lo farò". Nel Vangelo di oggi (Giovanni 11,1-45) assistiamo all'iniziale adempiersi di questa profezia: nella risurrezione di Lazzaro Gesù dimostra di essere la risurrezione e la vita. Tutto inizia quando arriva la notizia che Lazzaro è ammalato, e il testo sottolinea che Gesù amava Lazzaro e le sue sorelle, cioè che c'era fra di loro un rapporto di amicizia molto profondo, un legame che rivela la sua umanità, ben evidenziata in seguito, quando giunto a Betania incontra per strada Maria la vede piangere insieme alle persone che lo accompagnavano e si commuove, si turba e poi scoppia in lacrime. La prima cosa che salta all'occhio in questo testo è proprio la grande umanità di Gesù, fatta di relazioni profonde, di sentimenti autentici, della capacità di condividere il dolore altrui fino alla commozione e al turbamento. E c'è di più, perché il verbo che è stato tradotto come "si commosse" stando al vocabolario greco e ai commenti che ho consultato per scrivere queste righe significa "fremette" ed esprime ira ed indignazione, cioè lo stesso sentimento che proviamo noi di fronte alla morte di una persona cara: facciamo molta fatica ad accettarla, ci sentiamo come ci avessero tolto un pezzo di noi stessi e questo ci fa anche arrabbiare, ci mette in una condizione di inquietudine. Sì, qui viene fuori che Gesù è veramente vero uomo, cioè un uomo vero che prova gli stessi sentimenti che noi proviamo. Ma da questo Vangelo emerge chiaramente che Egli è più che un uomo, e quindi di fronte alla malattia dell'amico può fare molto di più di quello che farebbe un uomo; glielo dicono a turno le due sorelle: "Signore (termine che viene sempre usato come sinonimo di Dio), se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto"; lo affermano anche con una punta di veleno i giudei che le accompagnavano: "Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva far sì che costui non morisse?". E in queste parole c'era del vero, perché Gesù era arrivato molto in ritardo rispetto al momento in cui era stato mandato a chiamare, perché prima di partire aveva aspettato due giorni, e questo desta sorpresa. Ma come? Un caro amico sta male e tu invece di precipitarti da lui perdi volontariamente del tempo prezioso? La risposta sta nella frase che egli pronuncia in questa circostanza: "Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato". La parola gloria nel Nuovo Testamento indica la manifestazione della potenza di Dio, che in questo caso si fa evidente nella persona del Suo Figlio unigenito Gesù Cristo. Siamo davanti all'identificazione fra Gesù vero uomo e Gesù vero Dio, in grado di dare la vita anche a chi è morto. Perché questo accada però è necessaria la fede, cioè la capacità di vedere in quest'uomo eccezionale il vero Dio cui tutto è possibile, l'Autore della vita che dona vita a chi crede in Lui. Per questo dice a Marta: "Io sono la risurrezione e la vita.; chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno". E Marta risponde: "Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo". E' un atto di fede, e per sua costituzione la fede può anche vacillare, può anche essere soggetta a dubbi per cui alla fine, quando Gesù ordina di aprire il sepolcro, Marta obietta: "Signore, manda già cattivo odore; è lì da quattro giorni". E' anche questa una scena profondamente umana: la promessa fatta è troppo grande, la ragione non la comprende; Gesù sembra rimproverare Marta: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?; in realtà la sua è la parola di un amico che vuole confortare la donna e ridarle speranza. Pensiamoci bene:
quando perdiamo una persona cara ci aiuta tantissimo avere vicino persone che condividono il nostro dolore, che ci confortano con le loro parole o anche con silenzi che esprimono molto di più di quanto la bocca potrebbe dire; sono presenze che ci fanno provare fiducia nella vita anche nel momento in cui la morte sembra trionfare; e fra quelle persone amiche, se lo vogliamo e se ci crediamo, può esserci anche Gesù che sta condividendo il nostro dolore e non ci lascia mai soli, in eterno, perché Egli è la risurrezione e la vita. Il miracolo finale è già di per sé straordinario: il Signore restituisce la vita ad cadavere già in fase di decomposizione. Eppure di fronte a questo miracolo la promessa che Gesù ci fa è infinitamente più grande: non una nuova vita quaggiù, ma un'esistenza vera e reale che si spinge oltre i confini del tempo e dello spazio per immergersi nel cuore eterno di Dio. E' ciò che ci promette la seconda lettura: (Romani 8,8-11) dove san Paolo ci ricorda che in virtù della nostra fede lo Spirito Santo stesso abita in noi, quindi fin d'ora siamo eterni, a patto che ci manteniamo fedeli rifiutando tutto ciò che ci possa far ricadere nel male e nel peccato; la morte allora non sarà che un breve passaggio alla vita, perché la Vita che è Dio vince sempre. Pace e bene a tutti.

 
Il Parroco don Alberto
 
Prolungandosi questo momento di emergenza il vescovo ha scritto alle parrocchie una lettera circa la celebrazione dei Sacramenti dell'Iniziazione Cristiana (Prima Comunione e Cresima)in cui si offrono tre alternative:
1 - rimandare tutto alla Pasqua 2021;
2 - spostare la celebrazione all'autunno 2020;
3 - mantenere le date già proposte di Ascensione e Pentecoste, tenendo conto dell'evolversi della situazione che potrebbe rendere impossibile questa terza scelta.
Prenderemo una decisione a breve.
 
L'emanazione di regole sempre più restrittive per quanto riguarda il movimento delle persone ha spinto la diocesi ad emanare un comunicato in cui si dice che - ferma restando l'apertura delle chiese - si sospende l'Adorazione Eucaristica domenicale perché "il progressivo inasprirsi delle norme porta a sconsigliare questa proposta, di fatto poco compatibile con le indicazioni date alla popolazione, trattandosi pur sempre di spostamenti da giustificare e talora più complessi in giorno festivo".
 
Ricordiamo che:
- la chiesa è aperta tutti i giorni dalle 8,00 alle 12,00 e dalle 16,00 alle 18,00/18,30; al sabato e alla domenica pomeriggio resta chiusa. Pochissimi sono quelli che vi entrano a motivo delle norme sempre più giustamente restrittive. La diocesi comunque indica di tenere aperte le chiese come "segno di grande efficacia, di fiducia e di speranza: se accompagnato dal suono delle campane (noi le suoniamo a mezzogiorno) rimanda alla presenza del Signore presso le nostre case e alla dimensione della fede come dono prezioso da custodire" (Lettera del Vicario Generale, 13-03-20).
- il sito della parrocchia (www.carminepd.it) contiene per intero il Bollettino Parrocchiale, insieme ad un  video del parroco con un commento sulle letture della domenica: è un modo per stare in contatto...
- ogni domenica  sul canale youtube della diocesi e su Tv7 Triveneta viene trasmessa in diretta la S. Messa celebrata dal vescovo in privato. Altre Ss. Messe possono essere seguite anche in televisione o alla radio nei vari canali che la trasmettono. Sono valide per soddisfare il precetto festivo.
- nel sito della diocesi ogni giorno è offerto un breve commento al Vangelo delle Ss. Messe feriali.
- Sull'emittente vaticana Sat 2000 e da mercoledì scorso anche su Rai1 viene trasmessa ogni giorno in diretta alle ore 7,00 la S. Messa celebrata dal Papa nella cappella di casa S. Marta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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