3 febbraio 2019
la seconda strofa di un famoso canto alla Madonna si conclude con le parole “lotta per un mondo nuovo, lotta per la verità”, e in effetti vale la pena lottare per la verità, perché con essa identifichiamo tutto ciò che è luminoso, puro, bello, giusto contrapponendolo alle tenebre della falsità, della cattiveria, dell’imbroglio,, della disonestà, dell’ingiustizia. Ma se adiamo un po’ più a fondo, vedremo che non è così facile stabilire cosa sia la verità, perché spesso ce ne costruiamo una a nostra immagine e somiglianza, e così ognuno ha la sua personale verità da proporre o imporre agli altri. Il credente però riesce a sottrarsi a questo tranello affermando che la verità è Dio; quindi se vogliamo essere persone vere dobbiamo fare la Sua volontà, anche a costo di rimetterci. Nella prima lettura (Geremia 1,4-5.17-19) il protagonista è uno che ha lottato per la verità rimettendoci molto: si tratta di un profeta, un uomo cioè che ha ricevuto da Dio un messaggio da annunciare a tutti; il suo nome è Geremia, forse il personaggio dell’Antico Testamento che più ha sofferto per la verità, perché il messaggio che Dio gli ha affidato era estremamente duro in quanto metteva in luce tanti comportamenti negativi di quel tempo e di quella società che tutti avevano interesse a tenere nascosti, ben coperti da una spessa coltre di oscurità. La verità a volte fa male, e Dio lo sa bene, per cui promette a Geremia la sua assistenza: grazie al Suo aiuto nessuno riuscirà a piegarlo, nonostante le persecuzioni che dovrà subire. Niente a che vedere con la facilità con cui invece noi ci pieghiamo, e tanto, mimetizzando la verità del Vangelo sotto comportamenti che in nulla si distinguono da quelli di una società che spesso e volentieri si dimentica di Dio. Nella seconda lettura (1Cor 12,31-13,3) san Paolo ci eleva ai vertici della vita cristiana, là dove ci dice che la verità si identifica con la carità, parola da non confondere con l’elemosina (purtroppo molti ancora lo fanno): carità traduce il greco “agàpe” e significa l’amore elevato al grado più alto, quello che sa vedere in ogni persona il riflesso della presenza di Dio. In quest’ottica la ricerca della verità coinciderà con la capacità di amare Dio là dove lo troviamo, cioè nel nostro prossimo, in chiunque incontriamo nella nostra vita - dai nostri cari alle persone che attraversano anche una sola volta la nostra esistenza, in quelli simpatici come in quelli antipatici, nei belli come nei brutti, a cominciare dai più poveri ed emarginati senza trascurare tutti gli altri - perché ognuno di noi custodisce in sé l’immagine di Dio fin dal giorno della creazione.. Il testo di san Paolo è uno dei capolavori della letteratura biblica: vi consiglio di rileggervelo attentamente, più volte, perché ne viene fuori un’immagine compiuta della vita cristiana come dovrebbe essere. Nel Vangelo (Luca 4,21-30) i compaesani di Gesù lo rifiutano e lo scacciano perché si era presentato loro come un profeta, anzi come l’inviato stesso di Dio, il Messia atteso (vedi l’ultima parte del Vangelo di domenica scorsa, ripresa nel versetto dell’alleluia). Gesù risponde che nessuno è profeta nella sua patria: che cosa intende dire? Che spesso sono quelli che ti conoscono meglio a sottovalutarti, perché si sono talmente abituati all’idea che si sono fatta di te da non aspettarsi niente di meglio, niente che vada oltre. E’ o non è vero che noi spesso “mettiamo l’etichetta” alle persone? Attenti a non farlo con Gesù: forse quelli di Nazaret sono più scusabili di tanti di noi che hanno soffocato la fede sotto una routine di preghiere da recitare meccanicamente senza metterci niente di proprio, messe da ascoltare senza una reale partecipazione e un ascolto profondo, magari qualche elemosina per mettersi la coscienza a posto...E così si perde la capacità di emozionarsi davanti al Vangelo che diventa un testo come tanti altri incapace di incidere veramente sulla vita, si finisce per confondere la persona di Gesù Cristo con uno dei tanti personaggi della storia e non come Dio fatto uomo per portare a sé tutta l’umanità, e la fede si riduce ad alcune cose da fare e formule da recitare…e intanto il contatto vero e autentico con Dio si è perso per strada. Pace e bene a tutti.
“Al pozzo del cuore di Dio”: intenzioni raccolte in chiesa, consegnate alle Suore Elisabettine per la preghiera personale e comunitaria; Rosario chiesa di S. Giuseppe (via Vendramini) I sabato del mese ore 9,30.
- Una prima fase che consiste nella pulizia delle pareti e del soffitto, che versano da tempo in uno stato di degrado e sporcizia ampiamente visibile dai fedeli seduti nei banchi, al punto che è stato necessario rendere permanente la chiusura delle apertura del catino dell'altare con i drappi rossi, che di per sé dovrebbero servire solo per le solennità. Il lavoro non presenta un costo eccessivo (il preventivo è intorno a € 25.000): inizialmente si pensava di scrostare e ridipingere, ma le analisi chimiche sul muro - sempre richieste dalla soprintendenza in questi casi - pur non avendo rilevato la presenza di affreschi sottostanti, hanno però evidenziato l'esistenza di uno strato uniforme di marmorino (intonaco composto da calce mista a polvere di marmo, molto resistente) risalente agli inizi del XIX secolo, che verrà quindi riportato alla luce e ripulito.
- La seconda tappa (ancora in fase di progettazione) da attuarsi probabilmente nel 2020, consisterà nel restauro e riposizionamento del coro ligneo seicentesco attualmente smontato e appoggiato alle pareti dell'abside.